Parleremo di musica, di emozioni e di passioni.

Tuesday 15 October 2013

Quaquaraquà

Direttamente da Wikipedia:

"Quaquaraquà, a volte scritto quacquaraquà, è un termine fonosimbolico della lingua siciliana, ormai d'uso comune in quella italiana, in entrambe con il significato di persona particolarmente loquace, ma priva di capacità effettive, per questo ritenuta scarsamente affidabile."

e giusto per non farvi mancare niente eccovi un'altra citazione:

« Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i piglia...ulo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo… »
(L. Sciascia - Il giorno della civetta)

Intendiamoci questa teoria esprime chiaramente una certa cultura mafiosa (è infatti proprio don Mariano, mafioso e uno dei personaggi del libro dell'autore siciliano a esprimere questo concetto al protagonista del romanzo).
Eppure Sciascia in questo romanzo, amaro ma limpido, caratterizzato da una lucidità nel raccontare la mafia, come forse nessun altro autore siciliano aveva avuto il coraggio di raccontare fino ad allora, evidenzia proprio questa contrapposizione tra "uomini e non".

Non voglio ora parlarvi della mafia. Non ne sarei capace. Questo romanzo mi ha fatto semplicemente ripensare al coraggio: quello di chi è deciso a lottare per ciò in cui crede.

E cosa c'entra con una rockstar questo? Soprattutto con la vita da rockstar? Ci vuole coraggio a scegliere di essere una rockstar. Di quelle vere intendo.

Non parlo di quelle di plastica o peggio ancora improvvisate. Quelle per capirci che a malapena sanno esprimere un benchè minimo di passione in quello che fanno, anche se magari sanno vendere la propria merce come "il meglio che ci sia", quelli che senza avere nè arte nè parte si inventano chissà quale abilità o destrezza, ma sempre senza una reale e comprovata capacità, e che in fondo sanno solo cogliere, guidati da un innato opportunismo, quei vuoti che a volte si dimostrano delle vere e proprie voragini, per cui anche sapere fare una piccola cosa diventa un'impresa. Questo succede purtroppo in tutti i campi. E succede anche nella musica. Succede a tante rockstar o considerate tali.

Il mondo è pieno di "aspiranti" rockstar. Semplicemente perchè tutti vogliono esserlo, ma quando poi si viene al dunque i quaquaraquà spopolano e la fanno da padrone. Intendiamoci: conosco qualche rockstar (anche se di musica magari proprio non se ne intende o non ne mastica affatto).

Quello che volevo esprimere è semplicemente un pensiero. Se la nostra storia, le nostre radici e quindi il modo in cui viviamo e lasciamo vivere, ha generato il concetto di "quaquaraquà" allora significa che esiste davvero questa suddivisione dell'essere, insomma ci identifichiamo in questo concetto espresso da don Mariano e raccontato da Sciascia, che fotografa una società che non è poi tanto cambiata.
Insomma ci sono "uomini e non", anche "donne e non", siamo chiari. Non esiste distinzione di sesso.

Non so se per i tanti "quaquaraqua" la vita ha un senso.
Per una vita da rockstar sicuramente un senso ci vuole. Per molti sarà quello sbagliato, per altri sarà inaccettabile o vergognoso (a seconda di quale confessione o credo appartengono), per altri semplicemente assurdo.

L'importante è che abbia senso per se stessi anche a costo di essere figli di un do (non è un errore di battitura) minore.
Adeu.


Monday 14 October 2013

Mediocrità dell'arte o arte della mediocrità?

Non sono esperto di arte. Non sono esperto.
Quello che ogni giorno faccio è cercare di capire meglio, conoscere nuove cose, fare nuove esperienze.


Difficile definire l’arte. Molti ci hanno provato e forse qualcuno c’è riuscito. Aldilà delle opere, quali esse siano, a me interessa parlare più degli “artisti”. In fondo ogni opera d’arte non sarebbe tale senza l’artista. Qui tutto si complica. Chi da la patente di artista? Ci vuole una patente?


Non voglio nemmeno ricercare le origini antropologiche o etimologiche dell’arte e del fare d’arte. Cercherò di fare un’analisi molto più semplice. Diciamo proprio “terra terra” e molto personale.


Come approccio preferisco pensare all’artista come colui che ha una innata volontà di “creare”, intesa come creatività quale libera espressione del proprio modo di essere e pensare.
Sceglie in genere quello che più si avvicina alla sua indole, che sia pittura, scultra, musica, scrittura, ecc.
Indole che molte volte non significa disporre di un talento naturale per “modellare una roccia”, “usare i colori”, “disegnare con la matita cerchi perfetti”, “pigiare i tasti giusti al momento giusto di un pianoforte” o “mettere insieme parole che hanno un senso”.
Spesso chi ha questo talento, scaturito magari da geni ereditati o dalla casualità di madre natura, non necessariamente diventa un’artista.


Penso che l’artista sia una dimensione a parte. Una dimensione dove “creatività” e “passione” si fondono e creano un mix irresistibile. Il talento del saper fare può essere d’aiuto, ma non necessariamente diventa indispensabile. Può essere sostituito con il duro lavoro, la sperimentazione, il coraggio di prendere strade mai percorse. Sì forse proprio il “coraggio” è il terzo componente essenziale di quel mix che rende una persona qualunque un’artista.


E chi non riesce ad avere tutti questi ingredienti a disposizione allora come si pone? Io penso ad una figura intermedia, che comunque può avere una sua ragione d’essere: anzi dovrebbe averla.
Si tratta di riconoscerla come tale, prima di tutto di riconoscersi come tale: l’essere “artigiano”.
In fondo la radice è sempre l’arte. Non c’è nulla di male ad essere “artigiano”. Sicuramente tutti gli “artisti” sono stati anche “artigiani”. Solo con il successivo perfezionamento della tecnica unita alla creatività, alla passione e al coraggio si arriva all’arte.
Sembrerà un percorso semplicistico (sicuramente lo è), ma è il percorso che molti artisti hanno fatto.
Con questo non voglio dire che l’artista sia migliore dell’artigiano. Mi capita spesso di preferire le opere di un artigiano che di un artista: tutto è soggettivo in fondo.


Tutto questo discorso che c’entra con la mediocrità?


Penso sia mediocre e soprattutto penso che sia anche una delle pratiche più utilizzate, quella di cercare e di trovare scorciatoie rispetto ad un percorso secondo me necessario a cui ogni “creativo” motivato da una inguaribile “passione” e supportato da vero “coraggio”, non può sottrarsi.
Non si tratta di essere “maledetti” o altre baggianate del genere, ma credo sia soprattutto evidente che in molti casi non ci troviamo di fronte a nessuno dei 3 componenti del mix irresistibile. Anzi.
Troppe volte ci imbattiamo in situazioni dove la creatività è semplicemente “rubare” l’idea senza avere nemmeno la grazia di citare la fonte ispirattrice; la “passione” si manifesta esclusivamente con una corsa alla visibilità a tutti i costi e il “coraggio” nel cercare rifugio e conforto delle proprie azioni al riparo da ogni possibile critica od osservazione.


In sintesti la vera arte in questo caso è proprio la “mediocrità”. L’arte della mediocrità.


Sono sempre stato a favore della totale libertà di espressione in qualsiasi forma si scelga di rappresentarla, ma non chiamamo artista, chi invece della mediocrità ne ha fatta una vera e propria arte. A dire il vero io non lo chiamerei nemmeno artigiano, perchè sinceramente in questo caso non ne capisco l’utilità.

Troppo spesso mi capita invece di non riconoscere in certi lavori nè l’artista nè tanto meno l’artigiano, ma semplice spazzatura organica riciclata.